SALERNO - Cosa succede quando un uomo si autoreclude nelle
comodità asfittiche della propria casa? Può accadere che l'isolamento conceda
ai suoi occhi la curiosità morbosa di osservare, celatamente, la vita degli
inquilini delle finestre di fronte. Accade, pure, che egli rischi di scoprire
l'istinto assassino del mondo e di esserne a sua volta scoperto. È da qui che,
attraverso un'originale rielaborazione, prende vita la nuova creazione scenica
di Claudio Di Palma, che firma l’adattamento e la regia de La
finestra sul cortile, in scena, da oggi alle ore 21.00 (in replica fino a
domenica 19), al Teatro Antonio Ghirelli di Salerno.
Presentato da Vesuvioteatro e liberamente ispirato ai
racconti di Cornell Woolrich e Georges Simenon, l’allestimento vede la presenza
in scena, oltre allo stesso Di Palma, di Andrea De Goyzueta, con la
partecipazione in video di Sara Missaglia e Fabrizio Botta, Davide
Cannata, Maria Rosaria Compagnone, Iole D’Antonio, Walter Del Basso, Adriana
Follieri, Rosa Langella, Gennaro Lupone, Massimo Renzetti, Fernando Tancredi, Anastasia
Veneziano, Roberta Verdile.
Ne La finestra sul cortile di Claudio Di Palma, le
situazioni e le ambientazioni dell'omonimo racconto sono radicalmente
rielaborate. Ispirandosi a romanzi in cui l’ossessione voyeristica è
protagonista, affida al rapporto tra il morboso spiare di un uomo solo e le
virtualità proiettive del suo personal computer la dinamica evolutiva del
giallo originario. Sguardi rubati, occhi nascosti, inattese focalizzazioni
scandiscono i tempi drammaturgici ed esaltano il carattere reclusorio della
vita del protagonista che, sospesa tra l'immaginazione e l'ossessione, cerca
una pacificazione, una soluzione, una prova documentale.
Il luogo in cui si svolge la vicenda non è assolutamente
realistico, e il suo minimalismo risponde al gusto della sintesi geometrica
dell'hi-tech, per esasperare una forma di perverso isolamento in cui l'uomo si
costringe. Lo spazio scenico fa riferimento a quell'immaginario
fantascientifico che negli anni settanta fece sembrare prossima un'estetica
tecnologica, in grado di trasformare le nostre abitazioni in ambienti sterili,
semivuoti, simboli di una radicale alienazione psicologica e fisica dell'uomo.
Il protagonista non ha un nome. È costretto nella reclusione
di un ambiente altamente tecnologico più da una forma di ossessione che da un
infortunio fisico. Nella conseguente incapacità/impossibilità di far visita
agli altri di persona, sceglie di sistemare videocamere che inquadrino le
finestre di fronte ed elabora un programma in grado di collegare il suo
computer con una serie di webcam, aperte come finestre nelle case degli altri. La
scena, in definitiva, identifica più un tempo che uno spazio, ed è quel tempo
in cui il rapporto pluridimensionale col mondo si riduce nelle moltiplicazioni
appena virtuali che lo schermo rimanda. È quel tempo in cui si stabilisce un
rapporto creativo, ma spesso perfidamente intimo, con la sola luce irreale di
un computer.
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